Boscarelli si racconta: una verticale di otto annate del suo Vin Santo Occhio di Pernice

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Scambiato comunemente con il vino dolce da cantuccini, il Vin Santo di Montepulciano ha una storia affascinante e importante, troppo spesso dimenticato e figlio di un’epoca in cui sembra essere diventato demodé

Montepulciano e il Vin Santo rappresentano un connubio che ha radici storiche profonde ed è proprio in questa area geografica della Toscana, già caratterizzata dalla straordinaria ricchezza di un patrimonio artistico e paesaggistico in cui si incontrano e si fondono un bellissimo territorio ed una conformazione architettonica del centro abitato rimasta inalterata dal 1580, che nascono vini di eccezionale pregio che fanno apparire questa terra quasi come “privilegiata”.

Il Vin santo è qualcosa di segreto all’interno di ogni singola azienda, c’è davvero la storia particolare del produttore, è quasi come un figlio, una particolarità che merita di essere conosciuta e raccontata. Come ha ricordato in diverse occasioni Andrea Rossi, presidente del Consorzio del vino Nobile di Montepulciano: “Il Vin Santo per noi a Montepulciano è un pezzo di storia, un piccolo gioiello, una produzione piccolissima simbolo di condivisione; il vino dell’amicizia per eccellenza”.

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Un viaggio emotivo oltre che sensoriale che ha spinto la famiglia Boscarelli – in occasione dell’Anteprima del Nobile di Montepulciano, svoltasi lo scorzo 24 Marzo 2022 – ad organizzare per la prima volta una verticale di otto annate dei suoi Vin Santo e Vin Santo Occhio di Pernice, dai primi anni 2000 fino all’ultima annata in commercio.

La degustazione si è svolta presso lo shop Boscarelli nel centro storico di Montepulciano, un momento davvero coinvolgente e inusuale, non solo per la cura meticolosa necessaria per produrre questo vino, ma per poter capirne l’evoluzione. L’azienda Boscarelli (il cui nome deriva dai Poderi Boscarelli, luogo di Cervognano dove ha sede questa realtà e che rappresentano il primo nucleo di vigneti dal quale è partita questa avventura enologica), fa dal 1960 viticoltura di qualità, con la prima bottiglia messa in commercio nel 1967

“La prima produzione – ricorda Paola Corradi De Ferrari – era di duemila bottiglie. Una crescita costante e coscienziosa che vede oggi una realtà importante, con una produzione di circa 100mila bottiglie”.

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Come ricorda Luca De Ferrari, all’inizio della degustazione: “Quando parliamo di Vin Santo parliamo di un prodotto con una storia affascinante che ci porta indietro nel tempo; un bene prezioso e affascinante. Il nostro stile è cambiato nel tempo e oggi in queste otto annate vedremo anche il passaggio da Vin Santo di Montepulciano a Vin Santo di Montepulciano Occhio di Pernice che è avvenuto con l’annata 2010. Abbiamo scelto di dare il nome Familiae, proprio per enfatizzare il concetto di Vin Santo della famiglia Corradi; partiamo dall’annata 2002 in cui c’è ancora un poco di vecchio e un poco di nuovo, l’ultima annata che rimanda allo stile del nonno, in cui si faceva vin santo ogni due tre anni, con quei 5/6 caratelli. Poi dalla 2003/2005 ci siamo organizzati per fare seppur una micro – produzione costante per ogni anno, cercando di avere un prodotto più preciso e con un buon contenuto di acidità. Altro fattore che sicuramente incideva era la presenza di Muffa Nobile, cosa che oggi è piuttosto improbabile, visto il cambio del clima”.

Luca e Nicolò De Ferrari

Nei primi cinque che sono Vin Santo venivano usate uve bianche, quali Malvasia, Grechetto, Trebbiano, San Colombano, frammiste alle nostre uve di Sangiovese usate per il vino nobile, che poi con i successivi reimpianti, sono pian piano scomparse; da qui nel 2009 il cambio di direzione verso l’Occhio di Pernice, che viene prodotto con un blend di 75% Sangiovese e 25% tra Grechetto e Malvasia.

Si parte dall’annata 2002, un vin santo prodotto ancora alla vecchia maniera fino ad arrivare alla 2011; le prime cinque annate 2002, 2003, 2004, 2005, 2007 portano ancora la denominazione di Vin Santo, dalla 2009 si passa all’Occhio di Pernice.

La differenza riscontrata durante la degustazione è legata più all’andamento dell’annata e al cambio di stile che non all’evoluzione, questa tipologia di vino ha una potenzialità espressiva di grandi prospettive.

L’idea dell’azienda Boscarelli è di continuare a produrlo proprio per il suo valore storico, oltre che per essere un modo per promuovere il territorio.

Una degustazione che apre anche diversi interrogativi su come e dove collocarlo come prodotto. Come afferma Luca: “dobbiamo liberarci dell’immaginario collettivo del fine pasto con i cantuccini. È un unicum da abbinare anche ai piatti salati, non solo formaggi, ma anche al classico crostino nero o un fegato alla griglia”.

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