Dalla ricerca sui semi al dialogo con gli agricoltori, la sfida sostenibile della Southern Seed di Vittoria
Nel Sud Est siciliano, tra le province di Ragusa e Siracusa, l’agricoltura non è soltanto una tradizione, ma un settore strategico che unisce ricerca, impresa e innovazione. In quest’area ad alta vocazione orticola, dove la terra e il clima offrono condizioni ideali per la coltivazione, si sta affermando un nuovo modello di sviluppo sostenibile fondato sulla collaborazione tra aziende, enti di ricerca e produttori.
Un ruolo centrale in questo percorso è svolto dal Distretto Ortofrutticolo del Sud Est Sicilia (DOSES), rete che coordina oltre 170 imprese della filiera, dalla produzione alla trasformazione fino alla logistica e ai servizi. «Il nostro è un distretto costituito nel 2010 come consorzio senza scopo di lucro», spiega Antonino Di Paola, presidente del DOSES. «Nel 2020 abbiamo ottenuto il riconoscimento ufficiale dalla Regione Siciliana. Oggi rappresentiamo cinque province – Ragusa, Siracusa, Catania, Agrigento e Caltanissetta – con un fatturato aggregato di oltre 300 milioni di euro, 2.500 addetti e 3.000 ettari coltivati».
Per Di Paola, la forza del distretto risiede nella capacità di fare rete, di mettere in connessione produttori e territorio: «Se vogliamo che l’agricoltura siciliana resti competitiva, dobbiamo innovare senza perdere il legame con le nostre radici».
È in questa rete di competenze e visioni che si inserisce la Southern Seed, azienda sementiera di Vittoria fondata nel 2000 e divenuta in pochi anni un punto di riferimento nel panorama nazionale e mediterraneo. Nata dall’intuizione di un gruppo di giovani tecnici e ricercatori, la Southern Seed ha scelto di scommettere sulla ricerca come chiave per affrontare le sfide climatiche e produttive del futuro. Un’impresa che dimostra come, anche dal Sud, si possa costruire innovazione di alto livello partendo dalla conoscenza del territorio.
«Fare ricerca sui semi in una terra come Vittoria – dove il sole, il vento e la tradizione agricola sono elementi identitari – significa unire scienza e territorio in un dialogo profondo», spiega Salvatore Cassibba, amministratore dell’azienda. «Partiamo dal sapere dei contadini e lo uniamo alle tecniche moderne per migliorare la qualità e la resistenza delle colture, senza snaturare il legame con l’ambiente». Per Cassibba, la ricerca non si limita ai laboratori, è un lavoro che nasce nei campi, nell’ascolto e nell’osservazione diretta delle esigenze di chi coltiva.
Alla base del lavoro di Southern Seed c’è l’utilizzo della Marker Assisted Selection (MAS), una tecnologia che consente di individuare, già nelle prime fasi di sviluppo, i tratti genetici desiderati di una pianta – come la resistenza alle malattie, la tolleranza alla salinità o la capacità di adattamento – senza ricorrere a modifiche genetiche, ma accelerando i naturali processi di selezione. «La MAS è una forma di ricerca pulita, che ci permette di sviluppare varietà più resilienti e adattate al clima mediterraneo Questa forma di ricerca “pulita” è particolarmente preziosa in un’epoca in cui il cambiamento climatico mette sotto pressione l’agricoltura. Temperature estreme, scarsità d’acqua, nuovi patogeni: gli agricoltori hanno bisogno di varietà più resilienti, che garantiscano raccolti stabili e di qualità anche in condizioni difficili. In questo modo, la ricerca non solo tutela la produttività e la redditività delle aziende agricole, ma contribuisce anche a un’agricoltura più sostenibile, riducendo l’uso di risorse come acqua e fitofarmaci». continua Cassibba. «È un’alleanza tra innovazione e natura, pensata per dare agli agricoltori strumenti concreti e affidabili in tempi più brevi per affrontare il futuro».
Il risultato di questa ricerca sono varietà orticole più resistenti, con un minor fabbisogno di acqua e trattamenti chimici, capaci di garantire produzioni di qualità e minore impatto ambientale. La sostenibilità, per Southern Seed, non è un obiettivo, ma un criterio guida in ogni fase del nostro lavoro quotidiano. «Lavoriamo per ridurre l’uso di plastica nelle serre con materiali biodegradabili, monitoriamo costantemente le performance agronomiche delle varietà e collaboriamo con gli agricoltori per individuare soluzioni realmente efficaci», racconta ancora Cassibba.
L’ascolto del territorio è infatti uno degli elementi distintivi del modello Southern Seed. «Ogni seme nasce da un’esigenza reale, raccontata da chi la terra la vive ogni giorno», spiega. «Gli agricoltori non sono semplici clienti, ma veri e propri partner di ricerca: ci indicano i problemi concreti da risolvere – che si tratti di una malattia emergente, di una nuova esigenza di mercato o di condizioni climatiche sempre più imprevedibili – e testano con noi le nuove varietà. È un processo circolare, in cui pratica e scienza si alimentano a vicenda. Questo dialogo costante ci permette di selezionare varietà non solo performanti dal punto di vista agronomico, ma anche rispondenti alle specificità del territorio: il gusto, la consistenza, la resa, la resistenza, tutto viene tarato sulle reali necessità locali».
Per Cassibba, il futuro dell’agricoltura passa dalla consapevolezza e dalla formazione delle nuove generazioni: «Il seme che vorremmo piantare oggi è quello della consapevolezza. Unire tradizione e innovazione in un’agricoltura sostenibile e resiliente è la chiave per garantire un domani più equilibrato. La vera innovazione è quella che rispetta e valorizza ciò che c’è, mentre costruisce ciò che sarà».
Dal Sud Est siciliano arriva così un messaggio forte: l’agricoltura può essere laboratorio di scienza, impresa e futuro. Attraverso il lavoro congiunto del DOSES e di realtà come la Southern Seed, la Sicilia dimostra che il Sud non è soltanto un luogo di tradizione, ma un motore di conoscenza e sperimentazione. In un contesto segnato dai cambiamenti climatici, dai mercati globali e dalla necessità di produrre in modo più sostenibile, la sfida dell’agricoltura mediterranea comincia da qui — da un seme coltivato nel rispetto della terra e della sua storia.



