Un confronto franco tra mondo della medicina e del vino, un’apertura importante per confermare che, come in tutti gli aspetti della vita, è la moderazione a fare la differenza. E il vino può fare parte di una sana alimentazione
“Chi conosce il vino beve meno ma meglio perché impara a conoscere i propri sensi, a capire le sue componenti e ad apprezzare ciò che sta dietro al calice. L’alcol, in tutto questo, ci interessa poco, se non per la conservazione del prodotto”. Con questa frase Vito Intini, presidente di ONAV Nazionale, ha aperto il convegno “In Vino Veritas”, organizzato in collaborazione con l’Ordine dei Medici di Milano.
L’incontro, fortemente voluto da ONAV, ha l’obiettivo di rispondere ai molti attacchi arrivati al mondo del vino, in particolare in seguito alla proposta dell’Irlanda alla Commissione Europea di inserire un’etichetta sanitaria sulle bottiglie di vino per evidenziare gli effetti potenzialmente dannosi del suo consumo.
“L’incontro è stato interessante e, grazie a relazioni di alto livello, ha permesso di imparare reciprocamente concetti nuovi”. Afferma il Presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, Dott. Roberto Carlo Rossi.
“Auspico che ci siano altri momenti formativi come quello di oggi, che consente anche a noi medici di avere nuovi strumenti per conoscere meglio gli aspetti dell’alimentazione”.
“Vorrei che ONAV si facesse promotrice di un dialogo costante tra mondo della medicina e del vino, per superare i contrasti e capire sempre meglio come questi due mondi possano conciliarsi e lavorare in sinergia. – Ha affermato Vito Intini. – Oggi si è parlato molto di prevenzione attraverso l’educazione e noi come ONAV abbiamo già avviato qualche anno fa un progetto di cultura del vino attraverso l’insegnamento nelle scuole. Sicuramente c’è ancora molto da fare, ma siamo certi che la strada intrapresa sia quella giusta”.
Molte ricerche hanno concluso come, se assunto in quantità moderata – 1 dose, corrispondente a circa 10 g/die di alcol etilico, per la donna e 2 per l’uomo – il vino non sia a prescindere dannoso per la salute. Al contrario, in alcuni casi possiamo affermare che può apportare dei benefici, sempre relativamente allo stato di salute specifico del singolo soggetto.
“Mi stupisco di come dell’effetto negativo dell’alcol si parli quasi esclusivamente in relazione al vino, mentre non vengono menzionati i molti altri prodotti alcolici e super alcolici. Eppure, l’alcol nel vino rappresenta solo il 10% del totale, mentre sono molti altri elementi a renderlo un prodotto straordinario. Così come nei farmaci abbiamo il principio attivo e l’eccipiente, che è solo un veicolo, così nel vino l’alcol è l’eccipiente mentre il principio attivo è costituito da acini organici, sali minerali, glicerolo e polifenoli”. Ha ricordato Vincenzo Gerbi, presidente del Comitato Scientifico ONAV e già docente di enologia dell’Università di Torino.
Come sempre, però, a fare la differenza è la moderazione. Un approccio che parte dall’educazione dei giovani, come ricordato dal Dott. Alberto Martelli, pediatra.
“In molti paesi esteri ci sono programmi di educazione mirati che coinvolgono i giovani, per la prevenzione degli incidenti stradali, mentre in Italia questi sono assenti. Durante la pandemia il consumo di alcol è cresciuto, specie per i binge drinkers, i bevitori compulsivi, a dimostrazione che esso ha una correlazione con aspetti psicologici e sociologici. La risposta può essere introdurre dei percorsi nelle scuole, a condizione che si possa educare i ragazzi a comprendere le regole. I giovani accettano e desiderano che siano posti loro dei limiti, a patto che questi non diventino dei dogmatismi e non ci si arroghi dietro il “io ho ragione perchè ne so di più” tipico degli adulti. Puntare sull’ascolto degli adolescenti, sui meccanismi che li spingono a bere, e sulla comunicazione con loro, facendola in modo divertente, utilizzando il loro linguaggio, sarà essenziale”.
In questo senso qualche anno fa ONAV ha avviato un progetto pilota, oggi sviluppato in molti istituti, introducendo nelle 4° e 5° classi dei licei lezioni sulla cultura, la storia e le molte sfaccettature del vino, iniziativa molto apprezzata dagli studenti e dai docenti.
D’altronde, come evidenziato dalla Dott.ssa Marta Riva, ematologa: “Siamo tutti degli adolescenti, per cui non dobbiamo imporre divieti. Dobbiamo accettare tutto con moderazione senza costrizioni o stress, basti pensare che oggi anche in molte diete non viene proibito il cioccolato, atteggiamento impensabile solo qualche anno fa. Anche nella medicina tutto quello che viene imposto non va bene: lo ha dimostrato l’esperienza del Covid, che imponeva il vaccino per salvare la vita e che anche in quel caso ha trovato numerosi oppositori”.
Ma quali possono essere gli effetti potenzialmente positivi di un consumo moderato di vino? Secondo la dottoressa Riva, appunto, il vino può avere un effetto preventivo sulla trombosi arteriosa e sulla corretta coagulazione del sangue. Oltre all’azione antinfiammatoria dei polifenoli possono esserci effetti positivi anche sulla produzione della parte corpuscolata del sangue, da parte del midollo osseo, con incremento di leucociti, piastrine e globuli rossi, come evidenziato da un interessante studio sul Vino cinese Maoji Jiu.
A livello cardiologico, come spiegato dal Dott. Maurizio Losito, i flavonoidi contenuti nel vino possono avere un effetto cardioprotettivo, soprattutto nella patologia ischemica. Non solo possono aiutare la riduzione dell’LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”) e della aggregazione piastrinica, ma possono agire sulla disfunzione endoteliale e avere un effetto antinfiammatorio. La quercetina e il resveratrolo in particolare hanno proprietà antiipertensive, anti trombogeniche e antinfiammatorie.
Alla base di tutto, comunque, sta la moderazione ed è impossibile dare valori assoluti di dosi di assunzione di vino consigliate, perché ogni soggetto è variabile per fattori genetici, socioeconomici e metabolici, come ricordato dall’epatologa Dott.ssa Chiara Becchetti, che ha spiegato anche come il fegato sia più colpito dagli effetti negativi dell’alcol perché rappresenta l’organo “centralina” per il metabolismo dell’etanolo. Sicuramente la modalità di assunzione più negativa è il binge drinking, ovvero l’assunzione di 6 dosi di alcol in meno di 2ore. In consumo moderato comunque il vino anche a livello epatico può avere effetti positivi nella riduzione delle fibrosi.
Accanto agli effetti sulla salute fisica, cosa dire di quella mentale? Secondo la professoressa Milena Lambri, membro del comitato scientifico ONAV Docente di Enologia e Analisi sensoriale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, il vino può rappresentare anche uno straordinario strumento per conoscere meglio i propri sensi. “Ognuno di noi sente nel vino un numero di elementi proporzionali alla sua soglia di percezione, fattore che può essere comunque allenato. Questa capacità gratifica e consente di perfezionare la conoscenza di sé. Inoltre, secondo una ricerca del Massachusetts General Hospital, il vino ha la capacità di agire positivamente sull’ipertensione perché riduce lo stress oltre che per le sue componenti organiche”.
E se si considera il tenore alcolico del vino, negli ultimi anni cresciuto a causa anche del cambiamento climatico, va compreso che si tratta di una sfida che il mondo del vino sta gestendo con consapevolezza, sia in cantina che in vigneto.
L’incontro si è chiuso con la volontà da parte di ONAV e dell’Ordine dei Medici di Milano di proseguire il dialogo.